giovedì 9 agosto 2012

Guardando una bella foto, nascono storie

Creative Commons License
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

 
Era una bella giornata, delle volte le belle giornate non si misurano dalla luminosità del cielo, perché quel giorno, il cielo, era coperto di una coltre di morbide nubi grigio-azzurre che rendevano l'atmosfera surreale aiutate da qualche raggio di sole che sfuggiva dalla loro cattura e raggiungeva l'acqua.
Le barche attraccate poco più in là, nel piccolo porto, non mi erano mai state così care prima d'ora, l'avevano riportato indietro, non m'aspettavo tornasse così presto, aveva detto che sarebbe arrivato la prossima settimana e invece, eccolo, accanto a me. Quando mi ero alzata dal letto, quella mattina, ero rimasta sbalordita trovandolo seduto al mio fianco, che mi guardava dormire; gli avevo gettato le braccia al collo e avevo inalato il suo profumo, un po' di lui.
Sentivo il suo braccio sulla mia schiena e con la mano stringevo forte il suo fianco, eravamo usciti a fare una passeggiata, m'ero vestita in tutta fretta, infilato la giacchina leggera, avana, preso la borsa che la sera prima stanca morta, avevo lasciato cadere sul pavimento, legato i capelli in una coda di cavallo, contro la sua volontà e ci eravamo avviati verso il parco. Non si era nemmeno cambiato d'abito. Era rimasto col suo vestito di quel colore indefinibile che amava tanto, tra il marrone e il grigiastro, gli occhi un po' stanchi, i capelli ancora spettinati per il viaggio in mare, eppure era voluto uscire, per stare un po' con me.
Sapevamo bene, tutti e due, che quelli erano solo momenti rubati. Guardando le ragazzine giocare accanto a noi mi sentivo un groppo al cuore, perché avevo consapevolezza chiara e forte del fatto che, per quanto lo amassi con tutte le mie forze, lui aveva già una famiglia, da un'altra parte del mondo e le nostre parentesi durante i suoi viaggi in Europa erano solo momenti, attimi di cui facevo tesoro, ma non le basi per un futuro insieme.
Come li invidiavo! Quella coppia di adolescenti seduti poco dietro di noi, intenti a riguardare sul cellulare la foto appena scattata, lei seduta sulle ginocchia di lui, magari l'avrebbero mostrata ai loro nipoti, un giorno!
Sapere che per quanto mi aggrappassi al suo fianco non sarei comunque riuscita a trattenerlo velava la bellezza di tutto quello che avevo intorno, persino gli alberi, così verdi e rigogliosi in primavera, sembravano perdere colore.
Il suo abbraccio si fece meno forte e si voltò verso di me.
"Don't you think this is wonderful, sweetheart?"  disse sorridendo, nel suo inglese stentato, con il suo forte accento asiatico, io allungai la mano per scansare una ciocca dei suoi capelli neri come l'ebano e cercai di controllare l'impeto che mi spingeva a baciarlo "Yes, of course it is. I wish it could last forever"  "And it will" la sua risposta non mi illudeva, sapevo ciò che intendeva, sarebbe durato per sempre nei ricordi, nei miei e nei suoi, ma suo figlio e quella che era ancora, almeno su carta, sua moglie, lo aspettavano a Tianjin dove sarebbe tornato dopo un paio di giorni, una settimana, se ero particolarmente fortunata. Ascoltando il mio silenzio come solo lui sapeva fare, comprese la ragione della mia espressione triste e aggiunse "Honey, I'm finally getting a divorce, my wife agreed last week, that's why I was able to come back here sooner than I expected" sorrise. Lui sorrideva e io sentivo le lacrime scendere veloci.
Gli alberi erano più verdi ora, le nuvole s'erano dilatate, almeno quelle nel mio cuore, l'acqua era di un azzurro cristallino e provai ad immaginare una bambina dagli occhi leggermente a mandorla e con uno spiccato accento francese giocare sulla riva, insieme alla ragazzina dalla maglia fucsia che continuava a passarci accanto barcollante sul suo monopattino..