martedì 13 ottobre 2009

Harry Potter mi perseguita!!

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La mia vita nelle ultime settimane è stata frenetica (e aimè continuerà ad esserlo ancora almeno fino a dicembre), mi sono divisa tra tirocinio ed università e ci ho guadagnato una fanstatica infiammazione del trigemino che ha rischiato di farmi uscire di testa nel weekend.. ed in tutto questo, direte voi, che caspita ha a che vedere con Harry Potter? Bella domanda.
Quando vi ho detto che mi sto dividendo tra tirocinio ed univerisità, forse ho dimenticato di chiarire dove io stia svolgendo il mio stage e quale sia la mia università, bene lo farò nei prossimi post in cui vi racconterò le mie avventure... perdonatemi se oltre all'incombere di Harry Potter sentirete anche quello di Carrol, ma ho appena finito di leggere Alice's adventures in wonderland and through the looking glass...

domenica 4 ottobre 2009

Amicizia

Quando l'amico vi confida il suo pensiero, non negategli la vostra approvazione, né abbiate paura di contraddirlo.
E quando tace, il vostro cuore non smetta di ascoltare il suo cuore:
Nell'amicizia ogni pensiero, ogni desiderio, ogni attesa nasce in silenzio e viene condiviso con inesprimibile gioia.
La sua assenza può chiarirvi ciò che in lui più amate, come allo scalatore la montagna è più chiara della pianura.
E non vi sia nell'amicizia altro scopo che l'approfondimento dello spirito.Poiché l'amore che non cerca in tutti i modi lo schiudersi del proprio mistero non è amore, ma una rete lanciata in avanti e che afferra solo ciò che è vano.
E il meglio di voi sia per l'amico vostro.Se lui dovrà conoscere il riflusso della vostra marea, fate che ne conosca anche la piena. Quale amico è il vostro, per cercarlo nelle ore di morte?
Cercatelo sempre nelle ore di vita, poiché lui può colmare ogni vostro bisogno, ma non il vostro vuoto e condividete i piaceri sorridendo nella dolcezza dell'amicizia. Poiché nella rugiada delle piccole cose il cuore ritrova il suo mattino e si ristora.

lunedì 9 febbraio 2009

Il terzo personaggio: Un'anima divisa in due

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Il terzo personaggio. Il terzo personaggio ha due anime, quelle di due ragazzi giovanissimi, forse sedicenni. Sono giapponesi? Coreani forse, o magari filippini. La nazionalità importa poco, ciò che importa è che sono innamorati. Il binario 1 è gremito: decine e decine di pendolari stanchi, scocciati, esausti attendono che la testa verde, come quella di un serpente marino, del treno appaia all’orizzonte. Qualcuno è indispettito dal ritardo congenito di cinque minuti che il treno porta con sé, qualcun altro ha le guace arrossate dal freddo, qualcun altro ancora cerca di riprendere fiato perché ha appena corso per le scale, certo che il treno stesse per partire, quando doveva ancora arrivare… in mezzo a tutto questo, ai volti grigi, scuri, c’è un’isola color rosso, non il rosso acceso della passione tra adulti, ma un rosso delicato, il rosso dell’alba che si confonde con il rosa delle nuvole. In quell’isola, in un mondo tutto loro i due ragazzi si stringono, si allontanano, poi improvvisano un gioco rendendo partecipe la linea gialla del binario. Lui sembra uno di quegli studenti giapponesi dei cartoni animati, ha il cappotto di panno nero, la sciarpa ordinatamente sistemata e guarda lei, mentre le tiene la borsa, come se fosse un tesoro prezioso, persino come se fosse una bellezza. Lei non è bella, minuta, capelli neri liscissimi, lineamenti troppo marcati, ma quando alza lo sguardo e sorride al suo amore si illumina e quasi diventa bella. Si scambiano un bacio, non volgare, casto persino.
Un evento che attira l’attenzione.
Una signora di mezza età li guarda assorta, sembra quasi invidiarli, è ammirata, vorrebbe spogliarsi dei suoi cinquant’anni e tornare una ragazzina, vorrebbe tornare ad amare in quel modo, spensierato, che ancora niente conosce della vita vera.
Un signore distinto in giacca e cravatta con la ventiquattro ore in mano scuote la testa, di certo è sposato ma ha una relazione con la sua segretaria, sembra voler dire a quei due ragazzi di lasciar stare, che non ne vale la pena, che l’amore non è poi così importante, che finisce male quasi sempre. ..
Una ragazza trentenne dai capelli cortissimi cerca, con disinvoltura, di asciugare una lacrima. Deve aver rotto da poco con il ragazzo, con quello che rimarrà sempre il suo grande amore perché i loro destini erano troppo diversi, vedere quella gioia la fa soffrire. Ha persino tagliato i capelli per darci un taglio, per dimenticarsi di lui.
La testa verde del serpente marino finalmente appare, l’altoparlante raccomanda di restare dietro alla linea gialla. Il ragazzo da cartone animato prende per mano la sua miniatura di donna. Così, uniti, spariscono tra i viaggiatori, ma nell’aria rimane ancora qualche traccia profumata di quella fresca fragranza del loro grande amore.

sabato 10 gennaio 2009

Il secondo personaggio: Maurizio, il crea-segnalibri

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Il secondo personaggio.
Tutta un’altra storia. Il secondo personaggio è Maurizio e non nego che uno dei fattori che mi spinge a raccontare di lui è che porta lo stesso nome di mio padre.
Maurizio ha trent’anni, forse trentacinque. Ma l’età non è mai rilevante. Deve lavorare all’Eni perché ha mille carte, tutte con quel timbro. Forse è un uomo d’affari. Maurizio ha due occhi blu abbastanza grandi, tondi ed un po’ in fuori. Ma nemmeno l’aspetto fisico è rilevante. Ciò che di lui è rilevante è che legge. Yoshimoto. Non solo legge, ma è un lettore. Tira fuori una penna e segna forse le parti che lo colpiscono di più su un fogliettino. Non male l’idea. Magari legge per creare segnalibri che abbiano incise sopra frasi di romanzi famosi, magari legge, segna le frasi che lo colpiscono sperando che colpiranno, prima o poi anche qualcun altro. Ecco qual è il suo vero lavoro. È un crea-segnalibri professionista. Mentre legge tiene la mano sulla bocca, che pudore! Piega il libro in due. Male, questo è molto male.
Maurizio incontra una donna bionda con gli occhiali. La donna bionda lo saluta con voce gentile, soffice, quasi sospirando. Lui risponde, si scusa, era talmente preso dalla lettura che proprio non l’aveva vista. Forse aveva finto di non vederla. Come sta Mauro? Vuole sapere Maurizio. Lei, la donna bionda con gli occhiali, risponde che Mauro è casa. Fa il turno di notte.
Maurizio. La donna bionda con gli occhiali. Mauro.
Che strano. Maurizio le chiede a che ora va via Mauro, la sera. Lei, con l’esattezza di un orologio svizzero, dice che esce di casa alle nove e mezza. Cosa vorrà dire?
Maurizio e la donna bionda con gli occhiali si sono dati un appuntamento tra le righe. Mauro uscirà di casa alle nove e mezza e Maurizio arriverà alle dieci meno un quarto, per stare più tranquillo. La donna bionda verserà il vino nei calici, per colmare l’attesa. L’attesa del suo amante.
La donna bionda finge di dormire ora, gira gli occhi da una parte e dall’altra, poi finisce col guardare Maurizio, il quale abbandona per qualche secondo il suo lavoro meticoloso e ricambia. Sono silenziosi e guardinghi. Qualcuno sul treno potrebbe conoscere Mauro, raccontargli tutto.
A Maurizio vibra il cellulare. Forse è la sua donna ufficiale. La sua donna che magari neanche è bionda, ma è mora. La donna bionda se ne accorge ed è gelosa. Maurizio mette il telefono nella borsa ed anche il libro di Yoshimoto. Lei prontamente attacca a parlare. Del computer che non funziona. Di Mauro che tutte le sere, per precauzione fa il backup dei dati. In realtà, sta dicendo che è infelice accanto a Mauro. Invece di guardare lei, di stringerla, Mauro passa le serate al computer. Maurizio si alza per primo, devono scendere entrambi. Il corridoio è troppo stretto per starci in due. I loro corpi si toccano un attimo. Negli occhi della donna bionda si legge desiderio, in quelli di Maurizio impazienza. Scendono continuando la chiacchierata, non è il caso di destare sospetti. Maurizio e la donna bionda si scambiano promesse dietro una conversazione quotidiana. Lui crea segnalibri per far sognare. Mauro nemmeno immagina e per compleanno regala alla donna bionda uno dei segnalibri che ha fatto Maurizio, c’è un pezzo di una poesia di Prèvert scritto sopra, recita “sempre e poi sempre ti amerò”.

Il primo personaggio: Aladin

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Il primo personaggio, tutto inizia così.
Inizia uno strano viaggio, in cui racconterò tutti quei volti, quei cuori, quegli umori che si trovano ogni giorno tutti insieme stipati sui vagoni del trenino Orte-Fiumicino Aereoporto, o nei bunker sotterranei puzzolenti della Metro B...


Il primo personaggio, tutto inizia così.
Un uomo. Di mezza età. Avrà forse 50 anni, ma poco importa. Ha la pelle scura, è calvo. Baffi fini sbiancati da una neve che non lo lascerà più, basette fin troppo lunghe. Il viso tondo, occhi stretti ma buoni.
Forse è indiano. Forse la sua religione è piena di divinità antitetiche mostruose e meravigliose al tempo stesso.
Indossa una tuta, anzi, la giacca di una tuta rossa e blu, con sotto un paio di pantaloni gessati, quasi eleganti con delle vecchie Superga blu.
Indossa un orologio con il cinturino metallico, forse un Rolex. Tiene le mani incrociate, le gambe allungate, sembra voglia riposarsi.
Il primo personaggio, per rendergli giustizia lo chiameremo Aladin, è molto educato. Appena salito sul treno chiede una penna. Non vuole accedendere una bomba. Vuole scrivere il biglietto. Chiede che giorno è oggi. Il dieci Gennaio. Rispondiamo, ma qualche sguardo sbieco, storto, di disprezzo non manca. Perchè Aladin ha la pelle leggermente scura, dannatamente scura. Si tiene in braccio uno zainetto azzurro bordato di verde, potrebbe essere una borsa termica. Jasmin gli avrà preparato con cura il pranzo, lo avrà incartato con le sue mani sottili, dalle lunghe dita affusolate e lo avrà riposto lì dentro. é preziosa. Per quello Aladin tiene stretta la sua borsetta. Non contine merce rubata, nè bombe a mano. Soltanto il pranzo amorevolmente preparato.
Aladin forse sta andando a lavoro. Chissà che lavoro è costretto a fare, uno che gli italiani disprezzano, o forse sta solo tornando a casa sua, lontanoo...
Aladin cerca di sembrare italiano, ma si tradisce. Perchè è gentile. E gli italiani, si sa, specialmente sui mezzi pubblici, non lo sono mai.

venerdì 9 gennaio 2009

Poesia d’amore in una sera d’estate calda

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Certe volte penso all’aria fresca che passa tra i miei capelli
Al calore del sole
Al freddo della neve
Penso, alle volte, alle emozioni forti
Ai sorrisi sinceri
Ai momenti fitti di sentimenti
Al silenzio che significa tanto
Agli istanti che non tornano indietro ma mi fanno sentire importante
Alle volte penso alla gioia e alla tristezza
Penso al calore che emanano due grandi occhi azzurri
Penso a quanto la vita mi dia ogni giorno
A tutto questo penso
E tutto questo è riassunto nel dire che penso a te---

Diario di un angelo custode: è sabato sera anche lassù

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Ad Andrea, perché sarai sempre nei nostri cuori.


(In scena: una nuvola morbida in proscenio, adibita a materasso, sul fondale solo un telone blu notte stellato.
Entra un personaggio in pantaloni celesti, maglia bianca, ali e aureola sulla testa.)

Finalmente un po’ di riposo, sono letteralmente distrutto! Mi vengono i brividi solo a pensare che c’è qualcuno che ancora è a lavoro! Non sto dicendo sciocchezze, guardate, date un’occhiata anche voi!
(si sporge dal proscenio verso la platea)
Come vi dicevo, ecco li lì, i miei colleghi ancora affaccendati: si mescolano bene alla folla, occupano talmente poco spazio che nessuno si accorge della loro presenza eppure il loro intervento è così fondamentale!
Non credete che sia facile tenere lontani dalle droghe, dai brutti giri, dagli incidenti stradali, dalle risse i propri protetti; alle volte basta un attimo di distrazione, un colpo di sonno, e..la loro breve vita finisce e anche la tua, di conseguenza, non è mica semplice sopravvivere con la consapevolezza che hai fallito nell’unica cosa per la quale sei portato: custodire!
Già, custodire, bel lavoro, senz’altro, ma che fatica miei cari!
A proposito, credo di aver dimenticato di dirvi chi sono io, ebbene, se non lo avete già dedotto io sono un angelo custode e custodisco, o almeno cerco di fare del mio meglio!
Volete sapere se ho un nome? È ovvio! Diciamo che potete chiamarmi semplicemente Jessi o Jess, se preferite, è il nome che la mia protetta ha scelto per me..
Che stanchezza signori miei cari..sono sfinito.
Perché? Perché? Ma dico, sapete che giorno è oggi?? È sabato! “il sabato non si lavora” direte voi, giusto, per voi le cose stanno così, aspettate questo giorno con ansia, la mattina vi alzate dal letto e vorreste mettervi ad urlare a squarciagola: “ oggi è sabato, domani non si va a scuola” , chi va scuola affronta la mattinata senza preoccupazione, le ore sembrano passare più velocemente del solito, arriva l’ora d’uscita e si corre verso casa (restando sdraiato mima con le braccia il gesto del correre), ci si fa una doccia e si esce; si torna, si cena e si esce; chi lavora resta a letto o va in ufficio solo mezza giornata, a casa si rilassa, lava via lo stress dell’intera settimana di lavoro e si prepara per uscire. Uscire: il sabato sera si esce.
Non importa che abbiate quindici, sedici o venticinque anni, comunque non vedete l’ora che arrivi la sera per uscire.
Io a volte proprio non riesco a capirvi, vi preparate per ore solo per chiudervi in qualche squallido locale pieno zeppo di fumo, con la musica a tutto volume o peggio ancora, ve ne andate in “disco” a ballare … ma non prendiamoci in giro, lo sapete voi quanto noi che in quei posti si fa tutto tranne che ballare! Le luci al neon, la musica, la birra e i cocktail ...no, non si balla e nemmeno si parla dato che è impossibile comunicare anche mettendosi vicino all’orecchio dell’altro…
A proposito di discoteche, posso raccontarvi una storia? Non è esattamente una storia è, più che altro, una disavventura che è capitata ad un mio amico qualche tempo fa …

LA STORIA DI MELINO

Melino era stato sfortunato in vita e lo era stato anche dopo, come angelo custode, in paradiso, dove la sfortuna non dovrebbe esistere.
Il suo protetto si chiamava Marco, era solo un ragazzo, non aveva ancora compiuto 18 anni ed aveva grandi progetti nella vita, voleva diventare un fabbro con la F maiuscola, per aiutare suo padre con il lavoro, aveva già progettato una grande festa per il suo diciottesimo compleanno..
Una volta, di sabato sera, esattamente era un SS, no, non un membro della polizia speciale nazista, ma un Sabato Santo, Marco ed i suoi cinque o sei amici più stretti decidono di andare in discoteca. Che ci vuole? Penserete voi, è una cosa normale, si lo è, ma per arrivare in discoteca da dove vivono loro sono necessari tre quarti d’ora di viaggio, come? In motorino ovviamente, nessuno di loro ha ancora la patente.
La serata va alla grande, si balla, si ride, si scherza, si conoscono nuove ragazze … le luci colorate, tutta quella gente … Melino è lì accanto al suo protetto, qualcuno offre a Marco una pasticca, Melino prontamente soffia facendola cadere a terra, Marco ha il tempo di allontanarsi e raggiunge i suoi amici. Si sono stancati, sono le quattro del mattino, decidono di tornare a casa. La discoteca per noi angeli è una sorta di inferno, tutto quel rumore, quella confusione, sprechiamo tantissime energie per non perdervi di vista mentre ballate nel caos, i nostri occhi diventano pesanti e quando usciamo riusciamo a fatica a tenerli aperti …
I motorini, quattro: Marco, Alessandro, Francesco con la sua ragazza dietro e Mattia procedono a velocità abbastanza elevata, si allineano … ma che fanno? Devono essere impazziti. Vogliono giocare, Mattia e Francesco cambiano direzione, vanno contro mano, Marco e Alessandro proseguono dritti …
Si schiantano.
Appena Melino apre gli occhi non riesce a credere a quello che vede, spera di avere le allucinazioni, si è distratto solo un attimo, un secondo soltanto per riposare gli occhi stanchi e. Ed è stato sufficiente per ridurre il suo protetto ad una macchia rossa di sangue senza vita a terra. Una birra di troppo, forse. Un po’ di sfortuna nel fare il gioco che non avevano mai ritenuto pericoloso, forse. Una distrazione di Melino, forse, eppure era stato sempre così attento, non si era mai concesso niente, gli aveva anche salvato la vita poco prima, non facendogli prendere droga.
Droga, no, Marco non si drogava e non beveva troppo..
I funerali. Le lacrime di parenti ed amici, che tristezza. E Melino, povero Melino, distrutto, colpevole, non più in pace con il mondo, nella disperazione eterna. Abbiamo provato tutti a parlargli, a dirgli che non era colpa sua, non avrebbe potuto impedirlo comunque, ma non c’è stato verso, non ha neanche voluto incontrarlo, Marco, quando è arrivato qui ai piani alti; si sentiva responsabile per tutto quello che avrebbe potuto vivere ma che, a causa della sua distrazione, non avrebbe mai vissuto. Un giorno è sparito, così, misteriosamente, qualcuno dice di aver trovato la sua aureola a terra sulla sua nuvola.
Mi piacerebbe rivederlo.
Ecco, questa era la fine del mio racconto. Siete rimasti male? No, dai, non fate così, non è la fine ma sono cose che capitano, la discoteca non distrugge solo i giovani mortali ma anche i loro angeli.