martedì 11 marzo 2014

Sulla via di ... Casa

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Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.


Una pila di cartelline sul tavolo.

Cartelline colorate da cui spuntano pezzetti di planimetrie.

La piccola agenda arancione che doveva essere un quaderno delle ricette, ma è diventata un’agendina di appunti “aggressiva” come l’ha definita qualcuno, attira l’attenzione con il suo colore acceso e con i disegnini armoniosi in copertina.

L’agenda, aperta, è quasi piena per metà, di appunti, di cose scritte e cancellate.



Se un bel giorno pensi: affittare una casa è una perdita di tempo e soldi, meglio acquistarne una.

Chi può biasimarti? Nessuno o tutti, già. Ma non fa molta differenza.

Resta il fatto che vuoi comprare una casa e che devi trovarne una.

E allora, che fai? Beh, inizi a pensare: dove le trovo ‘ste case?
Voglio una casa nuova o una vecchia? Good question.

La casa nuova …. Beh ha un sacco di cose di ultima generazione, ha i pannelli solari e il fotovoltaico, l’isolamento termico e quello acustico … puoi decidere il colore dei pavimenti e come vuoi dividere le stanze. Una meraviglia insomma. Non fosse che sta leggermente in culo alla luna. Se vuoi arrivare alla stazione, beh, volando ci impieghi poco. Ad avercele le ali! Però almeno hai il ristorante cinese (se vogliamo essere fiscali, ne hai due uno all you can eat e uno sfigato ma che cucina bene) a pochi passi da casa e il pub, quello che ti fa il filetto arrosto ottimo e ha la birra scura che è niente male.

Quelle vecchie … ce n’è di tutti i tipi.

Ma non è tanto la casa in sé per sé, ciò che mi colpisce davvero sono le persone che lavorano nel settore.

 I venditori di case.

Ma dico io, hai costruito appartamenti che già non sono un granché di loro, almeno vuoi metterci dentro qualcuno che sappia venderli? Anche solo imbastendo castelli in aria di stronzate, ma provaci per lo meno! No. Troppa grazia.

Primo cantiere. Case nuove, queste nemmeno troppo in mezzo al nulla, tutto sommato. Ufficio vendite ben nascosto. Ci arriviamo in qualche modo e ci accoglie una donna magra come uno stuzzicadenti, col viso scavato, un trucco eccessivo e scuro, ci dà il benvenuto con una voce prettamente maschile. Non ha idea di perché sia lì o cosa debba fare, tanto che ce ne andiamo con la sua promessa che ci avrebbe richiamati di lì a poco per vedere un appartamento, cosa che non è mai successa.

Sulla piccola agenda arancione degli “appunti case” prendo la penna e traccio una bella riga nera.

Case nuove non in culo alla luna   note: non le vogliono vendere.

Passiamo oltre.

Secondo cantiere. Case sempre nuove, esteticamente lasciano a desiderare dall’esterno, ma vabbè magari dentro son belle.


Ufficio vendite.

Di nuovo una donna, più alta di me, con due spalle così. Capelli con boccoli di un rosso finto, talmente finto che fa quasi ridere. I boccoli anche son finti, ovviamente. Voglio solo sperare che sia stata a un matrimonio il giorno prima e che non si pettini sempre in quel modo. Sul trucco … un cerone teatrale sarebbe stato più leggero. Una bocca spropositatamente grande è resa ancor più vistosa da un rossetto di uno strano color marroncino con l’interno troppo chiaro.
È vestita di blu petrolio. Pure le calze, ricamate come la tenda di casa di mia nonna, sono blu petrolio. Le scarpe no, sono grigio perla. Beh, mi sembra giusto. Mettere delle belle decolté grigio perla, tacco 12, per camminare sullo sterrato del cantiere. Ottima scelta, davvero.
Quando usciamo per vedere gli appartamenti, di cui, ovviamente, non ci ha saputo dire quasi nulla di utile, traballa. Noi ci teniamo a distanza, hai visto mai ci cada addosso.
Gli appartamenti sono trascurabili. Divisi male. Glielo leggo in faccia a Luk. Non lo dice, ma so che lo pensa. Inizio a capirlo persino io. Camere piccole, bagni in cui se per caso vuoi entrarci in due, se uno è al lavandino l’altro non ha modo di raggiungere la doccia.
«Grazie, ci pensiamo» prendiamo le inutili planimetrie che andranno a unirsi alle altre che stiamo accatastando e ce ne andiamo per la nostra strada.

giovedì 6 marzo 2014

Soffia Vento Nuovo - Capitolo I -Parte II

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Arrivato a casa aveva trovato Xiaoli, col solito sorriso smagliante, ad attenderlo. «Tesoro, eccoti finalmente! È arrivata questa, per te.» la mano di lei, dalla carnagione fin troppo chiara, quasi trasparente, teneva stretta una busta da lettera bianca. Xinfeng la prese in mano e non appena vide l’intestazione, il cuore iniziò a battergli fortissimo: era il ministero dell’istruzione e in quella busta, ne era convinto, c’era la risposta alla sua domanda per la borsa di studio per il master. Doveva solo trovare il coraggio di aprirla e leggerla. Xiaoli lo osservava perplessa, non sapeva nulla della domanda che il suo presunto futuro sposo aveva inviato, non sospettava nemmeno lontanamente che lui potesse avere anche solo una minima ombra di dubbio sul loro futuro insieme … «Chi è, chi ti scrive?» chiese mentre cercava di sbirciare il contenuto del foglio bianco che Xinfeng aveva tirato fuori dalla busta; lui prontamente lo ripiegò e se lo infilò in tasca in tutta fretta. «Devono aver sbagliato, boh! Esco a fare due passi.» disse con gran furia, sperando di riuscire nell’intento di confondere la ragazza. Xiaoli rimase senza parole e prima che si rendesse conto che Xinfeng era appena rientrato da una passeggiata, lui era uscito di nuovo e guardando fuori dalla finestra lo vide, di spalle, allontanarsi sul far del tramonto e svoltare l’angolo del piccolo vicolo in cui vivevano da tempi ormai immemori.

Xinfeng camminò lentamente, stringendo la lettera forte tra le dita. Non sapeva nemmeno lui cosa sperare. Se il ministero non aveva accettato la sua domanda, da un certo punto di vista, sarebbe stato più semplice, non avrebbe avuto molte alternative, avrebbe semplicemente dovuto continuare la strada che stava già percorrendo da anni, in silenzio, senza troppe pretese. Avrebbe continuato il lavoro che tutto sommato non gli dispiaceva, avrebbe sposato Xiaoli e forse sarebbe persino riuscito a essere felice, accontentandosi di quanto il dao, il destino, la vita avevano preparato per lui.
Il vero guaio sarebbe stato se il ministero avesse, invece, accettato la sua richiesta. Se da un lato questo era quello che sentiva di volere profondamente, si rendeva conto che avrebbe comportato un cambiamento grandissimo nella sua vita, un cambiamento di mondo, persino e non era sicuro che sarebbe riuscito a farcela, sebbene fosse sempre stato convinto che volere è potere. Ma. Grandi cambiamenti portano con sé grandi responsabilità. Poteva solo immaginare lontanamente come sarebbe stato dire a tutti che partiva, se ne andava, dirlo a Xiaoli, prima di tutto. E alla sua famiglia, poi. Dirlo a sua madre che non faceva altro che parlare con le comari, durante le partite di dama cinese, di quanto bello sarebbe stato quando il suo unico figlio si sarebbe sposato, di quanto dolce fosse la sua futura nuora; dirlo a suo padre che continuava a fantasticare sul giorno in cui sarebbe diventato nonno. Solo il pensiero lo faceva rabbrividire. Avrebbe deluso tutti se avesse fatto la scelta che più sentiva di desiderare. Avrebbe spezzato mille cuori per renderne felice uno soltanto, il suo.
Il suo futuro era in parte scritto nel contenuto di quella busta che aveva così paura a leggere. Poteva essere una condanna a una vita in un porto sicuro, o una possibilità per prendere il largo, in quel caso la scelta finale sarebbe comunque stata la sua. Solo la sua.



Gentile sig. Gua Xinfeng,

siamo lieti di comunicarle che lei risulta essere uno dei 3 vincitori di borse di studio per l’Europa per un biennio di master di specializzazione in design d’interni. Ci congratuliamo con lei e restiamo in attesa della sua conferma di disponibilità a beneficiare di tale onore.

Questo era quanto il responsabile del ministero dell’istruzione gli aveva scritto. Quanto bastava per mandarlo ancor più in confusione. Tutto quello che aveva visto nei giorni e nelle settimane precedenti come una possibilità, come un forse, chissà era diventato, improvvisamente reale. Aveva davvero vinto la borsa di studio e ora doveva solo decidere cosa fare, seguire il cuore e il desiderio o attenersi alla xiao, alla pietà filiale, così tanto cara al suo mondo ed evitare di far perdere la faccia sia alla sua famiglia che alla povera Xiaoli e alla sua di famiglia … non poteva immaginare cosa avrebbe dovuto passare quella poverina per colpa sua. Se iniziava solo a rifletterci tutto l’egoismo, la voglia di andar via, di stare bene svaniva. Se pensava che una persona a lui tanto cara quanto Xiaoli potesse dover affrontare le domande di un intero villaggio da sola, senza di lui a proteggerla, gli sembrava quasi di vedere le spalle magre della ragazza sovraccaricate di pesi enormi che le schiacciavano, molto di  più di quanto potesse sostenere.
La mente vagava talmente veloce e alternava pensieri talmente contrastanti che Xinfeng iniziò a preoccuparsi per la sua salute mentale, forse stava impazzendo. Forse era quella la causa di tutto. Stava diventando matto. Ecco tutto.
C’era forse nell’intero quartiere solo una persona che poteva capirlo e persino aiutarlo se il destino era propizio. E lui non aveva nulla da perdere, poteva solo tentare.

Attraversò la strada, svoltò verso est, poi a ovest e di nuovo a est, percorse tutto lo stretto vicolo e raggiunse casa di Lao Han. Lao Han, o Maestro Han come molti lo chiamavano, era un anziano saggio signore che passava la gran parte del suo tempo, quando non era intento nella pratica del taijiquan, a fissare l’acqua cristallina del laghetto nell’aia dietro la sua casa. Casa di Lao Han era una delle poche case di stile antico del quartiere, forse l’unica, con il cortile interno e le stanze disposte sui quattro lati ed era sempre appartenuta alla famiglia dell’anziano signore che l’aveva costruita per sentirsi meno straniera quando era giunta sull’isola di Taiwan emigrando dall’entroterra della Cina Continentale.

Arrivato a casa di Lao Han sua moglie gli aveva offerto del tè, ma lui aveva declinato gentilmente dicendo che ne aveva già bevuto abbastanza nella sala dei mille fiori e ora voleva solo vedere Lao Han per un paio di minuti.
La signora Penghua era buona e mite, ma soprattutto era abituata ad avere visite di continuo, tutti nel quartiere andavano a chiedere consiglio a suo marito ad ogni ora del giorno e, nei casi estremi, anche della notte; chiunque altro si sarebbe infastidito, ma non la signora Penghua, lei sorrideva e offriva una buona tazza di tè caldo, era fatta così.
Xinfeng attraversò il cortile e andò dritto verso il laghetto. Lao Han, come ogni sera al tramonto, era intento nell’osservare i giochi di colore che i raggi del sole creavano sulla superficie dell’acqua «Xinfeng, pensavo proprio a te» disse a bassa voce l’anziano signore, senza neppure voltarsi. Xinfeng rimase a qualche passo di distanza, ogni volta che era accanto al suo vecchio maestro sentiva la pace dentro il petto, gli bastava guardare quella figura curva, poggiata sul bastone contro il tramonto, quella testa tonda, calva e lucida per sentirsi meglio, sollevato. Lao Han non si voltò, continuò a parlare guardando l’acqua.
«Dimmi, ragazzo mio, cosa c’è che rende il tuo animo così oscuro in questo bel pomeriggio?»
Xinfeng non si era certo meravigliato che Lao Han riuscisse a percepire con tanta facilità il peso che gli opprimeva l’animo, anzi, era quasi contento che senza bisogno che parlasse il suo maestro –Xinfeng aveva studiato taijiquan per diversi anni da adolescente- sapesse già che qualcosa di grave gli stava accadendo e stava turbando il suo animo in tumulto.
Quando il ragazzo, seduto sul bordo del laghetto, con i lunghi capelli neri raccolti in un codino e gli occhiali da sole a nascondere gli occhi arrossati dalle lacrime del cuore, ebbe finito di raccontare tutto quello che gli stava succedendo, Lao Han che gli dava le spalle e aveva continuato a guardare le vibrazioni e le increspature sulla superficie dell’acqua del laghetto, disse con tono sicuro ma delicato al tempo stesso:
«C’è solo una cosa che posso dirti, Xinfeng. La barca, quando arriva al ponte, svolta da sola.»
Xinfeng lo sapeva bene, Lao Han non era uomo di molte parole ed era sempre necessario scavare un po’ per coglierne il senso profondo, ma questa volta quanto il maestro aveva detto sembrava, agli occhi del ragazzo, cristallino.
Xinfeng aveva capito tutto e non aveva dubbi che la sua di barca stesse per svoltare. L’unico dubbio restava: in quale direzione?  Oriente o occidente?