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Torna in ufficio e cerca di lavorare, di tradurre, per quanto possibile.
Erano mesi, forse anni, che il pensiero di un uomo, che nemmeno conosce, non si insinuava così nella sua fantasia. Aveva avuto avventurette, qualche incontro più o meno interessante, ma ogni singola volta era finita per essere disillusa, per ritrovarsi segregata al ruolo di bambola, di soprammobile. Alcune volte avrebbe voluto tagliare tutti i capelli, avrebbe voluto avere lineamenti meno belli, avrebbe voluto che le curve si appiattissero e che gli uomini non fossero attratti da lei. La speranza più intima di ogni donna cervello-munita, non è forse quella che un giorno, prima o poi, possa incontrare qualcuno capace di vedere oltre? Qualcuno che sia in grado di vedere anche quello che c'è dentro e non solo la bella scatola in cui è avvolto? Michela era romantica. Cercava di non esserlo, non voleva esserlo. Aveva assottigliato quella parte di se stessa per farsi meno male e desiderava profondamente che sparisse del tutto, ma era così legata al suo animo che non c'era modo di liberarsene del tutto, poteva metterla a tacere... ma prima o poi tornava e lei lo sapeva.
Drin. Hai un messaggio di posta non letto.
Il cuore accellera e Michela fissa lo schermo. Ha risposto? Sarà lui? Apre la posta elettronica.
Davvero è lui.
"Io sono a Termini oggi, alle 16.00 al tavolo dell'altra volta, spero di vederti.
Drago volante."
Michela riflette. Consegna le poche pagine che ha tradotto ed esce da lavoro.
La scelta è semplice: andare a piedi in stazione e tornarsene a casa o svoltare per Ponte Lungo?
MetroA, fino a Termini.
Appenascesa, prima di prendere la scala mobile, si ferma un attimo.
È davvero folle.
Di certo, non è lui.
Arrivo lì, vedo che non è il ragazzo che mi ha sbeffeggiata per la salsa sul labbro e torno indietro. Una specie di prova con se stessa vuole fare Michela, in fondo, passare per il Mac Donald's di Termini alle quattro del pomeriggio non è poi così pericoloso né tanto meno, inusuale. Passo davanti ai tavoli, do una sbirciata e me ne vado. Non c'è niente male. Continua a ripetersi per convincere se stessa.
Prendecoraggio e sale.
Il sottopassaggio oggi sembra interminabile.
In lontananza il simbologiallo del Mac Donald’s brilla.
Forza, ormai sei qui vai almeno a vedere, sidice, perché la sua razionalità continua a suggerire di andar via.
Il tavolo acui si era seduta quel giorno è proprio lì, a qualche metro da lei, ma è vuoto.
Desolatamente vuoto.
Sente già la delusione salire su per il petto, fino astringerle la gola, sa che non c’è motivo per essere delusa, eppure …
Il cuoreaumenta il battito.
Indossa la giacca di pelle, il bavero alzato, i capelliramati spettinati, un po' lunghi, quasi a fungo.
È di spalle, ma qualcosa sembra dire a Michela che è lui. Lui le passa accanto senza notarla e va diretto, passo sicuro, verso quel tavolo.
Si siede conle gambe allungate ed incrocia i piedi, appoggia il volto, dai lineamentidelicati, alla mano destra e muove le labbra impercettibilmente, forsecanticchia.
Lei lo guarda, nascosta dalla folla di viaggiatori e spera che luinon alzi lo sguardo, che non la veda, perché non ha ancora deciso cosa fare. Sabene che la cosa più saggia sarebbe girare i tacchi, ma quel ragazzo haqualcosa che l’attira come una calamita…
Colpita.
Affondata.
I suoi occhi marroni, stretti, affusolati, brillano. L’ha vista.
Ètroppo tardi ormai per tornare indietro, le sue labbra leggermente carnose, sidistendono in un accenno di sorriso ed appaiono ai lati della bocca duefossette. Le sta sorridendo. Quel sorriso ha qualcosa di disarmante in sé.Qualcosa, che , chissà come, sembra superare la sua barriera difensiva. Forse quel messaggio era davvero per lei. Così si direbbe dall'espressione di quel ragazzo che sembra averla riconosciuta, che la guarda come una vecchia amica non vista da tempo o come un sogno materializzatosi.
Le possibilità di fuga diminuiscono, ormai è in ballo. Non può restare lì ferma immobile contro una colonna e continuare a osservarlo, tanto vale avvicinarsi e vedere che effetto fa...
Avanza,col cuore che batte forte e la gola arsa. Si sente come una stupida ragazzinadi quindici anni, ma ne ha ben venticinque e di cose nella vita ne ha già visteabbastanza.
Ora è in piedi davanti a lui, che si alza di scatto e la fissa,occhi negli occhi.
"Non ci credevo, ero certo che non saresti venuta!" dice lui.La sua voce è bassa, ma gentile e forte, allo stesso tempo.
"Invece sono qui"per fortuna il suo scudo gelido è almeno apparentemente salvo. "Michela, è questoil tuo nome?" chiede lui, tornando a sedersi.
"Sì. E tu ti chiami davvero Drago Volante o è un soprannome?" lui la guarda e sorride tra sé.
Michela si siede, si sente, stranamente, a suo agio di fronte a quel perfetto sconosciuto dai tratti marcatamente orientali.
"Drago Volante è la traduzione del mio nomecinese, quello italiano è Federico."
Che stupida! Come ha fatto a non fare un collegamento così semplice? La parte spiccatamente sinologica di Michela la vorrebbe prendere a schiaffi! La sua email non era forse feilong@live.it? Come ha potuto non pensare che fosse cinese per davvero e poi... Drago, certo, Long e Fei, volare... Un Drago Volante, Fei Long.
Cinese? È cinese! Michela non ci crede ancora. Deve controllarsi e mantenere la calma. Il tempo in cui faceva amicizia con le persone solo perchè erano cinesi è concluso da tempo, ora sa scegliere e discernere persona e persona e in questo caso quello sguardo dolce e l'aspetto da idol di una delle sue serie tv taiwanesi non deve portarla fuori strada. Calma e sangue freddo, si ripete.
Rimane in silenzio.
"Per te è un problema cheio sia cinese? Vivo in Italia da tempo ormai…mi sono integrato, ho studiato italiano e mi sono laureato qui..."
Ma che fa, si giustifica?
Non c’èniente da fare, la sinologa ha il sopravvento.
"No, no, no, non lo è di certo,anzi.. Io parlo cinese." Lui si illumina, si siede dritto, si sporge sul tavoloe la osserva con fare sospetto.
"Zhen de ma? Davvero?" chiede e la sua voce cambia, inevitabilmente, prende sicurezza nella sua lingua madre, è come se divenisse persino più profonda. E lei risponde disì, sente le parole quasi bloccarsi all'altezza della gola...
Sorride, continua a sorridere e Michela viene contagiata.
"Sono felice, chebello." dice lui e lo fa in modo così convinto che Michela non riesce a trattenere una risata.
Ormai parlano nella sua lingua e la sua voce diventa anche piùbella, meno controllata è come se scorresse libera, come un torrente dimontagna.
Parlanodi molte cose.
Michela dimentica che dovrebbe tornare a tradurre quel pessimoromanzo inglese, perché lui conosce la letteratura cinese contemporanea molto bene, perché è un letterato esi indigna quando lei racconta la sua ultima delusione con una traduzione...
Le viene facile parlare con luinonostante in cinese delle volte sia titubante, se non le viene una parola la dice in italiano e lui latraduce ... Ma da dove è venuto? Da Taipei, risponde lui.
Anche se Michela non era la città che voleva sapere, sorride. E il cuore sta volta non riesce a smettere di accellerare. Taiwanese. Di Taipei. La sua città, la città dove ha vissuto e lasciato un pezzo di cuore.
"Sei di Taipei? Ni shi Taibei ren ma?" Lo chiede in due lingue, tanto per essere sicura.
"Sì, i miei genitori sono del Fujian, ma io sono nato e cresciuto a Taiwan." Michela è quasi indignata, aveva detto di essere cinese, quanto deve essergli costato dirlo, quanto deve costargli ogni volta dire a tutti che è cinese, quando in verità, Michela lo sa bene, i taiwanesi hanno un orgoglio patriottico fortissimo...
"Io ho vissuto a Taipei per un po'" dice Michela e sa che così lo conquista.
Lui la guarda, estasiato.