
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
Le braccia sembrano non essere lunghe a sufficienza, la borsa di
pelle finta che riprende uno dei modelli Prada decisamente da donna,
penzola giù dall'avambraccio; ma la sua attenzione è tutta concentrata
sulla scatola di vetro che stringe in mano: un acquario.
Aspetta
al semaforo - mancano ancora quaranta secondi dice il conto alla
rovescia- con l'acquario in mano. Si guarda intorno, di tanto in tanto,
perché si sente osservato, perché è il ragazzo con l'acquario.
L'acquario
è vuoto. Non lo era mica fino a ieri, popolava di piccoli pesci
brillanti neri striati di blu fluorescente, i suoi amici, gli avevano
tenuto compagnia per tre anni, compagni fedeli, nella piccola stanza del
dormitorio.
Se lo ricordava ancora, erano loro due, lui e
lei la sua 小白, Piccola Bianca, in una calda giornata di gennaio, una
come oggi, di quelle rare giornate soleggiate a Taipei, a passeggiare
per i viottoli della città. Lei si era illuminata nel vedere la vetrina
colorata e viva del negozio di animali, era voluta entrare e con quella
sua vocina delicata aveva detto guardandolo: "perché non compriamo dei
pesciolini, in camera tua non c'è un acquario?"
Sì, in camera
sua c'era un piccolo acquario, piuttosto vecchiotto, senza quei
meccanismi sofisticati per la purificazione o la gestione della
temperatura dell'acqua; uno di quelli che per cambiare l'acqua ha
bisogno di dedizione, di un lavandino e di una mano che controlli che
l'acqua non sia troppo calda per evitare un bollito di pesce.
Quell'acquario non era del tutto suo, non l'aveva comprato: quando era
arrivato al campus con le sue due valigie quel ragazzo magro magro con
la testa grande e troppo tonda che viveva nella sua stanza e si era laureato l'anno precedente, gli aveva lasciato l'acquario in eredità.
I
pesciolini si erano trovati bene nella nuova casa e lui e Xiaobai,
Piccola Bianca, facevano i turni per dar loro da mangiare e far sì che
l'acqua fosse sempre pulita.
Tre anni di cure e ora rimane solo un acquario vuoto, una scatola di vetro senza vita che stringe forte, lui, al semaforo.
I
pesciolini son finiti nello sciacquone. Uno dopo l'altro davanti ai
suoi occhi annebbiati dall'alcol, davanti a lui che li fissava
impotente, incapace di muoversi, colpevole e cosciente di esserlo.
Vedeva lei fuori di sé, preda di una rabbia che non le si addiceva, una rabbia nera.
Le
spiegazioni, i balbettii non erano serviti.
Come seguendo un copione
giá scritto la ragazza, non più sua ormai, era andata verso l'acquario,
lo aveva preso, era andata verso il bagno e giù .
Uccisi uno dopo
l'altro i poveri pesci innocenti.
Cancello tutto. Com'è che
era? Li accudiamo insieme, loro si fidano di noi e noi l'una dell'altro?
Era così che dicevi? Ecco cosa me ne faccio delle tue parole vuote! Sei
una nullità, non voglio più vederti!
Xiaobai ha cancellato
tutto, l'ha vista sta mattina uscire dalla caffetteria con uno
straniero. Ha rovesciato la rabbia insieme ai pesci e ora guarda avanti.
A lui è rimasta solo la scatola di vetro e se la porta a casa per le vacanze invernali, ci si aggrappa quasi.
Ha sbagliato? Sì. Quella ragazza l'ha baciata davvero in discoteca. Non poteva sapere che Xiaobai era lì.
Non
poteva cancellare tre anni, lui.
Cosi eccolo lì, al semaforo, a tenere
stretta la sua scatola di vetro, tutto quello che gli resta.
Altro che
un pugno di sabbia, un acquario di vetro, vuoto.
Nessun commento:
Posta un commento