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Io scrivo racconti, di solito. Alle volte mi incastro anche in cose che semrbano quasi "romanzi", virgolette d'obbligo. Ma non mi capita quasi mai di sentire il bisogno di scrivere di cose astratte, di concetti, tanto per capirci. Oggi, invece, è quello che voglio fare, oggi voglio parlare di fiducia.
Non so se ne sono in grado, probabilmente no, ma ci provo lo stesso. Perchè alle volte rimango sbalordita, allibita e senza parole di fronte alla dimostrazione di fiducia incontrastata nei miei confronti. Sono abituata a fidarmi di poche persone: famiglia, Amici che si contano sulle dita di una mano, facciamo due, se mettiamo insieme gli Amici e le Famiglie sparse su due continenti diversi. Ma è una fiducia diversa, è una fiducia di parte.
La famiglia ha fiducia in noi perchè... sì. Perchè che altro può fare? I genitori, i nonni, gli zii, i cugini, i fratelli e le sorelle non posson far altro che credere in noi perchè ci vedono crescere, ci conoscono profondamente, ci vedono come parte integrante della loro vita.
Gli amici, beh, con gli amici la fiducia si costruisce, giorno per giorno, senza che uno se ne accorga bene alle volte, vai avanti e scopri che di quella persona hai iniziato a fidarti, che puoi dirle/gli qualsiasi cosa, che conserverà i tuoi segreti gelosamente come se fossero i suoi, che si metterà nelle tue scarpe, o nei tuoi panni, a seconda della lingua che parla e che crederà in te e ti sosterrà qualsiasi cosa deciderai di fare.
Ma la fiducia di cui vorrei dire oggi è un'altra. Una fiducia che viene da persone che stimi, che ammiri nel profondo, da persone che hai sempre visto come idoli, come esempi da seguire. Quando una fiducia inconstrata in te e nelle tue capacità viene da persone che hanno inspirato in te il desiderio di diventare quel che stai diventando ... Quando la fiducia viene da persone che sono stati tuoi insegnanti che erano seduti dietro una cattedra universitaria e che tu guardavi, dall'altra parte, dal banchetto o dalla sedia o dalla cabina con aria sognante, perchè speravi, sognavi che un giorno ...
Se parlo di insegnanti e di fiducia non posso non parlare della borsa rossa. La borsa rossa, che in realtà è una cartella, di pelle, semi-rigida, rosso scuro, quasi bordeaux. L'ho vista, me lo ricordo come se fosse oggi, appesa alla sua spalla il giorno del test d'ingresso, quando le ho parlato la prima volta in preda al panico perchè non riuscivo, in nessun modo, per quanto mi sforzassi a ricordarmi come diamine si scrivesse 孩子的孩, un carattere semplice, uno di quelli che studi al primo anno della triennale ... e da quel giorno ho deciso, stabilito che quella era la borsa dell'interprete. Non potevo fare l'interprete se non avevo quella borsa e ora ce l'ho. Dentro il mio armadio. Regalo di laurea. Uguale alla sua. E ogni volta che la uso, solo per andare a lavoro, intendiamoci, mi sento piccola piccola, ma poi la guardo e dico: "devo per forza fare un buon lavoro, ho la borsa dell'interprete."
La verità è che non ho grande stima né fiducia in me stessa, la verità è che per quanto lo desiderassi con tutta me stessa non credevo di riuscire ad arrivarci sul serio. La verità è che sapere di avere la fiducia, forse persino la stima di persone che stimo così profondamente, che sono i miei eroi e le mie eroine (in tutti i sensi alle volte, dato che alcuni tipi di conversazioni con suddette persone veramente, mi danno scariche di adrenalina incredibili) mi fa sentire una persona migliore, mi spinge a fare meglio, mi fa sentire che forse è proprio vero, che se credi in qualcosa fermamente poi.. "realtà diverrà."
E concludo questo post anomalo ma di cui avevo bisogno per sentirmi meglio, per razionalizzare questo dono immenso che ricevo e che spero di non sprecare mai, con una citazione di Walt Disney. Parole che erano proiettate su un muro bianco, scritte in rosso e tradotte anche in cinese alla mostra sui disegni Disney che io e Céline abbiamo visto, con la scusa della sua studentessa di francese quindicenne, a Taipei lo scorso dicembre...
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