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Di solito, i grandi amori iniziano
in modo epico.
Un’epifania, un colpo di fulmine.
Chiamatelo un po’ come volete.
Sono istanti i che poi uno
ricorda per sempre come: “Il Momento, l’Inizio.” E le maiuscole non sono
casuali.
Ma non sempre va così. Questo è certo, ed è proprio il mio caso.
Era un giorno di ottobre, il tre
ottobre per l’esattezza, di sei anni fa.
Ero una ragazzina e quella era la
terza volta che mettevo piede in un posto del genere.
La prima volta avevo soltanto una
decina d’anni, era la laurea di mia cugina, cose d’altri tempi con le
diapositive, quelle vere, non il power point, quelle che andavano cambiate a
mano, una dopo l’altra, mentre non dovevi perdere il filo del discorso.
La seconda volta avevo diciassette
anni, era la laurea dell’altra mia cugina. Atmosfera diversa, psicologia, non
medicina. Niente toghe, aula talmente piccola che i parenti erano tutti
spiaccicati contro il muro.
La terza volta era il mio inizio.
Primo giorno di università.
Una ragazzina provinciale
catapultata dentro Lettere e Filosofia. Non posso dimenticare la sensazione dei
volti sconosciuti che si avvicendavano per i corridoi e non posso scordare di
essere stata lì, in piedi, con l’agenda in mano e le ginocchia che tremavano,
sotto lo schermo luminoso, per un’ora.
Lingua e Traduzione Tedesco I.
L’orario diceva che la prima
lezione doveva essere alle 10, io avevo preso il treno delle sei per paura di
non fare in tempo, per il terrore di non trovare l’aula … non ero mica più al
liceo a cinque minuti da casa e quei corridoi sembravano labirinti. L’unica altra lezione che quel giorno avrei
dovuto seguire mi terrorizzava solo dal titolo e c’era alle 16:00. “Linguistica
e Glottologia. Modulo I.”
Finalmente, come un fulmine a
ciel sereno leggo – e devo sbrigarmi a leggere perché le stringe corrono via
veloci, se non scrivo il numero dell’aula immediatamente finisce che mi trovo a
dover aspettare un’altra ora, prima che la notizia ripassi- Lingua e
Traduzione Tedesco I, aula B.
Ora, vai a sapere dov’era “l’aula
B”!
La ricerca fu lunga e tempestosa,
ma alla fine mi ritrovai seduta su una sedia di legno incredibilmente dura e
scomoda col cuore a mille ad aspettare l’arrivo della professoressa.
Bella era, alta, bionda. Tedesca
come non mai. Non potevo pensare che avrebbe cambiato la mia vita con le sue
parole, come lame di coltelli: «Alla fine di tre anni avrete livello B1+ se
scegliete tedesco come seconda lingua.»
Una doccia fredda.
Io avevo già il B2.
Lo so che questa sentenza che per
me era la morte di programmi cullati un’estate intera di continuare a studiare
tedesco, non avrà molto significato per chiunque non conosca il sistema di
valutazione delle lingue europee … ma vi basti sapere che il B1 è inferiore al
B2 come livello … non potevo continuare a studiare tedesco senza aver modo di
aumentare il mio livello.
Mi alzo, esco dall’aula.
Distruzione di sogni. Non so che fare. Io dovevo studiare inglese e tedesco.
Era deciso. Dal terzo liceo era deciso.
Mi ritrovo sotto il tabellone
luminoso, bacheca elettronica che dir si voglia.
Sono le dieci e un quarto.
Prossima lezione alle sedici. A tornare a casa non ci penso nemmeno, non
sconfitta. Che racconto a mia madre? Non posso più studiare tedesco e son
rimasta solo con l’inglese …
Lingua e Traduzione Cinese I.
Aula C. Ore 10:00.
Leggo e rileggo la scritta bianca
su sfondo nero che mi guarda. Non so perché, ma sembra quasi un invito.
Lingua cinese, non ci avevo
davvero mai pensato. Ma evidentemente anche il cinese si può studiare … cinese
… ma quelli scrivono ancora davvero con i disegnini? Chissà se una che non sa
disegnare può impararli …
Il momento dopo mi ritrovo ad
attraversare lo spazio aperto che separa i due edifici della facoltà, quello
che poi diventerà “la vasca”, quella specie di piscina o fontana che vedrà me e
le mie colleghe passare ore a ripassare, aspettare, vivere …
Aula C. Piena zeppa. C’è solo un
posto a sedere.
Mi avvicino, la ragazza che
occupa il posto accanto a quello vuoto è piccolina di statura, ha i capelli
corti, rossi fuoco. «È libero questo posto?» chiedo molto poco convinta e lei
mi accoglie con un sorriso che ricorderò per sempre.
«Certo.»
Nemmeno lei sapeva bene come le
fosse venuto in mente di seguire la lezione di cinese e probabilmente come noi
erano quasi tutti gli altri seduti nelle file davanti e dietro la nostra.
La prof fa il suo ingresso. Non
più alta di un metro e cinquanta. Occhiali rossi e arancio. Il naso un po’
all’insù, posa la borsa arancio del computer sulla scrivania, si aggiusta gli
occhiali e guarda con attenzione tutti noi. Ci scruta, uno alla volta. Poi si
siede e accende il microfono. La sua voce è calma, pacata eppure incute un
certo timore, un rispetto incredibile.
«Il cinese è difficile. Ma si può
imparare. Vi dico, intanto, che di quelli che sono seduti qui ora a marzo dopo
l’esonero, ne arriverà la metà e all’esame di fine anno sarete un quarto. Sono
molto selettiva. Detto questo, il cinese è una lingua sillabica, ogni sillaba
può essere modulata secondo quattro toni …»
Alle volte basta poco. E a me
quelle parole che dovevano far paura convinsero. Le sfide, non le ho mai
temute. E poi a quella signora cinquantenne brillavano gli occhi mentre
spiegava, qualcosa di speciale in quella lingua di cui non sapevo niente doveva
pur esserci …
«Mamma, io ho deciso, studio
cinese.»
A volte i grandi amori non
nascono con un colpo di fulmine, nel mio caso una delle attuali più grandi
passioni della mia vita è nata da un equivoco. Da un livello di tedesco che non
andava bene, da un’insegnante che con due ore mi ha fatto venire voglia di
scoprire un mondo, ci ha fatto venire voglia di scoprire un mondo.
E così io e la ragazza dai capelli
rosso fuoco, sono sei anni che avanziamo lungo una strada fatta di ostacoli e
di paure, di scoperte, di lineette senza senso che diventano radicali, che si
trasformano in “mano”, “albero col cappello” e tanto altro; sei anni di amore e
di odio alle volte.
La Cina o la si ama o la si odia.
No, non sono convinta sia così.
Alle volte mi capita di odiarla
perché la amo troppo, credo.
E la ragione per cui ho voluto creare questo
piccolo spazio virtuale è semplice, sperare di poter condividere questo mio
“odi et amo” con qualcuno che non ne sappia niente o che ne voglia sapere di
più … o solo così, perché alle volte i grandi amori vanno condivisi.
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