domenica 24 marzo 2013

Uragani

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Il cielo di un azzurro incredibile, pulito, limpido come non mai, tinto di arancio e di rosa pallido; il sole una palla di fuoco che pian piano sparisce dietro la linea dell’orizzonte.
Basta qualche galleria perché guardando di nuovo fuori dal finestrino esso lasci il posto a una luna piena bianca e candida, lavata di latte fresco, immersa in un cielo ancora non nero notte, solo con accenni di blu profondo. Guarda la luna e non può smettere di sorridere.
Prende il cellulare e lo scrive a lui, glielo deve dire, quanto si sente felice.
Non avrebbe mai immaginato che niente del genere fosse possibile in realtà, eppure era tutto vero. Lo sapeva che non aveva immaginato quel giorno perché sentiva il suo odore addosso, le era entrato nel naso, era stampato sulla sua pelle e le labbra erano ancora piene di fuoco, facevano male addirittura, per i tanti baci dati e ricevuti.
Non era mai stata così, non era da lei.
Ai-li Qiao, alias Alice Qiao (perché chiunque parlasse inglese o avesse contatti con gli stranieri non poteva non avere un nome straniero, perché era bello così e dava un tono, un punto d’orgoglio probabilmente) non faceva cose improvvisate, non prendeva un giorno di ferie dal lavoro per salire su un treno e fare duecentocinquanta chilometri andata e altrettanti di ritorno, solo per vedere che effetto avrebbe fatto ritrovarselo davanti. Eppure era quello che aveva fatto e non se ne pentiva, nemmeno un po’.
Chi l’avrebbe mai detto? In azienda nessuno. Nemmeno Naidi, la sua assistente e confidente di primo livello, non poteva immaginarlo! Eppure era tutto vero. Nel giro di un mese aveva fatto quello che avrebbe dovuto fare già da appena tornata dagli Stati Uniti: cambiare tutto.
I cambiamenti possono far paura, possono esser grandi, possono creare tensioni. Giusto, soprattutto se vivi in un paesino fuori Kaohsiung, se la tua famiglia era serenamente convinta che avresti passato il resto della tua vita con il tuo fidanzato di sempre, quello conosciuto al liceo quando non avevi idea di chi saresti diventata o di chi sarebbe diventato –a patto che fosse mai cresciuto-lui; quello con cui hai condiviso gioie e dispiaceri ma che più passava il tempo e più sentivi lontano, anni luce.
I cambiamenti fanno paura, ma chi ha la forza di affrontare la paura e di farla una sterzata per riprendere controllo della propria vita, della propria felicità, probabilmente si sente come si sentiva Alice mentre era seduta sul treno ad alta velocità, gaotie, guardando la luna e sorridendo a se stessa, semplicemente perché si piaceva. Le piaceva sentirsi così, leggera come una piuma e senza limiti. Padrona di se stessa e del suo destino, perché no?
Se provava appena a socchiudere gli occhi vedeva il suo sorriso. Non solo quello sulle labbra, che si increspano agli angoli, ma quello degli occhi. Era impressionante lo sguardo di Ai-di Lang –alias Eddie Lang- i suoi occhi al cioccolato erano di una profondità disarmante e quel pomeriggio a lei era sembrato di perdercisi dentro, infinite volte.
Eddie Lang. Chi l’avrebbe mai detto?
S’erano conosciuti per caso, per sbaglio persino, due settimane prima quando tutto era ancora stabile e privo di cambiamenti nella vita di Alice. Lei non doveva nemmeno andarci quella volta a Taipei in viaggio di lavoro, ma la moglie del suo collega stava partorendo e lui voleva legittimamente starle vicino, come poteva non aiutarlo? E così era andata lei. Una settimana, poi erano diventate due. Bisognava concludere un grosso affare per conto della sua azienda e lei era una dei manager più in gamba, questo era indiscutibile. Il suo capo, il direttore generale Hu, la stimava profondamente ed era stato più che felice di affidare proprio a lei quel ruolo. Di rado andava lei in viaggio di lavoro, perché il suo fidanzato non ne era molto contento, ma mentre in passato le era capitato spesso di declinare le offerte per questa ragione, negli ultimi mesi, da quando era tornata da quasi un anno di studio negli Usa, le cose erano cambiate. Aveva spesso bisogno di staccare la spina. Voleva andarsene via, allontanarsi da casa sua e da lui, soprattutto. Le dava senso di soffocamento con i suoi piani infiniti di case, matrimoni e figli quando lei aveva tutt’altro in mente …
Quando era partita per Taipei l’idea di lasciarlo e di ricominciare tutto era già nella sua testa, ma nemmeno lei s’era accorta di quanto grave fosse la situazione. Non finché quel giorno, al tavolo di riunione, non aveva incrociato lo sguardo di Ai-di. Solo guardarlo le aveva dato un brivido lungo la schiena, che aveva provato a ignorare. Ma certe sensazioni son impossibili da ignorare. E una cosa tira l’altra.
Due settimane dopo, lei aveva sconvolto la sua vita. Messo fine a una storia che era già finita da tempo e aveva iniziato a sentirsi di nuovo viva nel profondo, nelle viscere. Certo, Eddie aveva aiutato, ma non era solo quello, qualcosa era scattato dentro di lei. Non poteva farci nulla.
C’erano mille o forse duemila buone ragioni per lasciarlo stare, anche perché aveva appena capito quanto bello fosse stare da sola dopo tanto tempo di oppressione, anche perché la sua famiglia ce l’aveva a morte con lei per la scelta che aveva fatto e per respirare in pace era stata costretta ad andare da sua zia per qualche giorno, per sentire solo le sue di emozioni e non quelle dei suoi familiari.
C’erano mille o forse duemila buone ragioni per non salire su quel treno e andare a Taipei -andata e ritorno in giornata- solo per vederlo, anche perché lui aveva una donna nella sua vita, in pianta più che stabile, che probabilmente gli avrebbe fatto il dono più grande di tutti a breve, gli avrebbe dato un figlio …
Se Alice avesse ragionato solo per qualche istante su tutto questo, quella mattina non sarebbe salita su quel treno. E se lo avesse fatto non avrebbe vissuto uno dei pomeriggi più belli della sua vita. Perché cinque ore erano state infinite e volate via in un baleno, allo stesso tempo.
Seduta sul treno, di ritorno verso casa, verso il lavoro non poteva smettere di sorridere, come un’adolescente. Perché non poteva smettere di pensare, di rivivere ogni singolo istante, o forse solo alcuni dei momenti che l’avevano trafitta. Lo sapeva che rivederlo era un rischio, poteva rendersi conto, ritrovandoselo davanti dopo dieci giorni, di aver sbagliato tutto che in fondo non era così bello come se lo ricordava e che il suo sorriso e i suoi occhi non erano così particolari come le era sembrato … ma non era andata così, tutt’altro.
Era ferma, poggiata alla colonna della stazione della metro ad aspettarlo. E nell’attesa aveva tirato fuori l’agenda per scrivere un appunto e lui era arrivato, ma lei non se ne era accorta, talmente grande l’emozione di vederlo che non si era resa conto di averlo lì, a un metro di distanza. E lui, silenzioso, immobile s’era fermato ad osservarla, invece di chiamarla, di dirle qualcosa, aveva preferito godere di quei due minuti e di guardarla mentre era presa nello scrivere. Poi, quando lei gli aveva scritto per chiedergli dove fosse, aveva parlato. Inciampando nei suoi pensieri.
Non era passato da casa, uscito direttamente da lavoro, aveva ancora quell’aria quasi formale in giacca e cravatta, completo blu scuro con bordino rosso fuoco, ma sorrideva. Aveva tagliato leggermente i capelli neri, a spazzola, e un velo di barba scura gli ombrava le guance. Bello, era indiscutibilmente bello. E solo a guardarlo il cuore di Alice aveva ripreso a battere forte, come quando avevano lavorato insieme, di più anche forse perché allora tutte erano illazioni della mente della ragazza, non sapeva se anche lui provava le stesse cose, ma ora era tutto diverso. S’erano scritti di continuo per dieci giorni, messaggi spasmodici, foto scattate con la fotocamera interna dello smartphone da bravi padroni della tecnologia e lei sapeva che quel sorriso era tutto per lei. Tutto tutto.
E poi un abbraccio, quell’abbraccio che aveva tanto voluto. Se ne erano dati uno, prima che lei tornasse a Kaohsiung, dieci giorni prima, e lei non aveva smesso un attimo di ripensare l’emozione che c’era dentro. E lui la stringe forte a sé. E lei sente tutto. Tutto quello che c’è. Desiderio, sentimento, emozione. Tutto. E lo bacia in guancia, quasi timidamente. Ma lui si gira, di scatto e le labbra si sfiorano, contatto diretto. Uno stampo che dà i brividi.
Salgono in macchina, tentano di parlare del più e del meno, gli occhi si cercano sotto gli occhiali da sole. Alice sente il rossore salirle sulle guance, perché vorrebbe allungare la mano e stringere la sua, ma non sarebbe troppo? È appena arrivata. Si dice che non deve guardare l’orologio, che le ore non contano, che conta l’intensità e che se ogni momento di quelle cinque ore sarà intenso come lo è stato rivederlo allora quando tornerà al sud, a sera, sarà come aver passato con lui almeno cinque giorni.
Parlano. Con quella naturalezza che la spiazzava anche mentre lavoravano insieme. Di ogni cosa e lui vuole sapere come sta, come vanno le cose dopo che ha preso la decisione così importante di mettere fine a una storia tanto lunga … lei risponde, ma si sente un’adolescente perché non riesce a non guardarlo, perché s’accorge che la gonna s’è arricciata leggermente, ma non le interessa, anzi quasi spera che lui voglia poggiarci una mano sopra. Ma lui tiene le mani strette sul voltante e sul cambio. E intanto vanno, in giro per la città che ha deciso di regalare una giornata di sole e di cielo limpido come non mai.
«Io dovrei passare per casa per fare una doccia» dice lui, con quella voce suadente e sorride, sotto i baffi. «Ma il mio coinquilino esce per andare a lavoro alle due e mezza, quindi dobbiamo aspettare, che dici andiamo a mangiare a qualcosa?» Certo, certo, mangiare qualcosa.
Stanno per scendere dalla macchina. Fa un caldo terribile, quasi insopportabile. Ma lui è lì vicino, così vicino. E lei lo guarda, forse è solo quello che basta. Perché Eddie s’avvicina e quasi d’improvviso, perché lei lo sapeva, voleva che quel momento arrivasse ma era comunque, in qualche misura inatteso, sorprendentemente bello e la bacia. Le sue labbra sono morbide come lei se le era immaginate mille volte in quei giorni, in segreto. Sono delicate e poi piano, piano il bacio diventa profondo. Le lingue si incrociano e i brividi corrono veloci giù per la schiena e per ogni cellula del corpo. Un bacio perfetto. Uno di quelli che al primo tentativo è difficile ottenere. Non riescono a fermarsi. Alice non pensava che avrebbe provato di nuovo in vita sua quella sensazione, la voglia di continuare a baciarlo all’infinito … Allora decide che forse è il momento di dargli il piccolo regalo che ha preso per lui. Una cosa piccola, un libricino. L’ha trovato in libreria alla main station appena arrivata, a Taipei Chezhan, uno dei suoi libri preferiti che racconta di mare e di musica. Perché lui era un musicista prima di diventare un uomo d’affari e anche un marinaio. Come non regalarglielo, dunque? A lui piace? Forse sì, sembra di sì perché gli occhi brillano forte forte e sembrano pieni di stelline luccicanti dentro … bello, disarmante. Perché ha gli occhi di un bambino, in certi momenti, su un volto da uomo.

Non sarà molto romantico, ma a lui piace molto un locale lì vicino, uno di quei ristorantini che si trovano a bizzeffe lungo le strade di Taipei, specialità zuppa di pollo ai funghi. Entrano, stanno per sedersi, il profumo leggero della zuppa inebria i sensi, ma … «Tu hai fame, Eddie?» chiede lei, in inglese, perché è divertente e lui la guarda e dallo sguardo lei sa già la risposta. «Nemmeno io» ridono, contenti. Come due ragazzini. A trent’anni. E decidono di fare un giro per il centro commerciale lì a fianco, per godere dell’aria condizionata. Non importa quante cose belle ci siano nelle vetrine, non importa se siano le sue amate borse, se siano vestiti o qualunque altra cosa, Alice non riesce a togliergli gli occhi di dosso. Ci prova, ci prova, ma non ci riesce. I suoi occhi. Hanno qualcosa di veramente unico e poi lui ride e come si fa a non ridere con lui?
Una leggerezza, una spensieratezza che quasi attrae gli sguardi dei passanti. Perché son gli occhi che emettono luce, quasi brillano.
Alla fine, chissà come, finiscono al Mac Donald’s, tra l’odore di fritto di patatine e di hamburger arrostiti a loro non viene fame. Nemmeno un po’. Prendono un gelato, e una coca cola, da dividere. Con due cannucce dentro. Come i ragazzini. Ma è bello, sentirsi ragazzini per un giorno, nemmeno, per un pomeriggio, rubato alla realtà, ma che è infondo reale fino all’inverosimile perché reali sono le emozioni che provano e che li sconvolgono.
Mangiano il gelato e chiacchierano, sempre, di ogni cosa e lei scopre che oltre al mare lui ama anche la montagna e mentre lui racconta di neve e snowboard, di viaggi in Europa alla ricerca delle nevi perenni, lei sogna e racconta pezzetti della sua vita, perché è bello sapere che lui sta ascoltando davvero. E intanto gli sguardi dicono più delle parole e di più ancora dicono le mani che si cercano e che non si lasciano. Le dita che si stringono forte, che giocano. Le sue mani ruvide, con qualche piccola ferita causata da disattenzione, ma forti. Solo una cosa, quell’anello. L’anello che lo lega alla sua donna vera, a quella che condivide con lui la realtà per alcuni versi monotona forse, ma comunque più reale. Alice mentre guarda quell’anello quasi vorrebbe tirarsi indietro, lasciar stare, chiedergli di tornare a casa se per favore può accompagnarla subito in stazione, chiederà di cambiare treno e tornerà al sud in anticipo. Ma non ci riesce, non può riuscirci perché fa l’errore di guardarlo ancora dritto negli occhi ed è impossibile … qualunque cosa. Impossibile resistergli.
Di nuovo in macchina, verso casa sua. Non senza baci. Non senza mani che si stringono e lei sente, d’un tratto che tutto il suo corpo è protratto verso di lui in un vortice di emozioni e di eccitazione che non credeva avrebbe mai più provato. Che credeva finito insieme all’adolescenza. Lui e le emozioni che suscitava in lei le avevano davvero ricordato quanto bello sia poter vivere senza preoccuparsi di troppe cose, senza vincoli. Lui un vincolo grosso ce l’aveva a dirla tutta, ma forse forse, in fondo era anche meglio così. Poteva legarsi a lui, poteva godere della sua compagnia ma sapeva che Eddie non le avrebbe mai chiesto di non trasferirsi negli Usa qualora l’avesse deciso e che non avrebbe potuto volere da lei né case né matrimoni né futuro e questo le bastava. Vivere al momento le bastava più che mai. Perché quei momenti avevano qualcosa di infinito dentro.
Casa di Eddie è carina. Non troppo grande. Due stanze, salotto, cucina, bagno. Quello è il posto in cui lui divide i suoi giorni con lei. Con la sua donna. E un po’ Alice si sente fuori posto, scomoda, stretta. Non le piace la quotidianità che suscita guardarsi intorno. Non le piace pensare alla vita di Eddie di tutti i giorni in cui non c’è e non ci sarà posto per lei. Quasi le mette tristezza. Ma è troppo su di giri, è troppo emozionata mentalmente e fisicamente per fermarsi a pensare, non in quel momento. Perché lui è lì e la guarda. S’è tolto la giacca. È rimasto in camicia. Le ha mandato una foto, qualche giorno prima, dei suoi pettorali. E ora lei sa che sono lì sotto, a portata di mano. Che può toccarli dal vivo. Senza bisogno di immaginare. E che finalmente le sue mani potrà sentirsele sul corpo. Ovunque. È quasi strano ammetterlo per lei che ha passato gli ultimi mesi quasi costringendosi a fare l’amore con il suo ormai ex-ragazzo, ma ha un desiderio ardente di togliergli i vestiti e di sentirsi sua. Totalmente.
Eddie lo sa, lo sente, lo percepisce. Perché lei sembra emanare vibrazioni e non può resistere. S’era detto che c’avrebbe provato, che almeno un tentativo di resistenza avrebbe potuto farlo, ma era stato più difficile del previsto. Perché lei lo guardava in un modo indescrivibile, perché sembrava volerlo mangiare con gli occhi. E così l’aveva baciata ancora, sta volta con tutta la passione che trovava dentro di sé. E se l’era stretta addosso. Aveva provato a controllare le mani, invano. Le aveva lasciate libere, perché in fondo sapeva che non avrebbe incontrato resistenze.
Alice sentiva le sue mani ovunque, e questo invece di inibirla, di bloccarla di farla fermare, peggiorava le cose. Aumentava il desiderio. Era tutto naturale da far paura. Semplice, quasi ovvio. E i loro corpi aderivano perfettamente.
«Vai a fare la doccia» riesce a dire lei, nemmeno sa come. E piano, piano lo spoglia. E guarda il suo corpo nudo che, in effetti, a vederlo dal vivo è molto meglio che in foto. Mentre lui si lava si siede, si ferma. Cerca di ragionare, di trovare un briciolo di razionalità. Di fermarsi, persino, quasi s’è convinta a dirgli che non è il caso di andare oltre, quando lui esce dal bagno in accappatoio blu elettrico.
Quando lui, accappatoio aperto, è lì davanti a lei la ragione smette di funzionare. La razionalità svanisce. Non rimane altro che un desiderio viscerale di lui. Del suo corpo e del suo spirito, un desiderio che nasce dal profondo e che è difficilmente controllabile, quanto difficile è provare qualcosa di lontanamente simile.
La serranda abbassata, il divano rosso sembra ancora più scuro. Caldo, fa un caldo quasi asfissiante ma poco importa. I corpi vicini, vicinissimi. Si toccano, le mani esplorano, giocano e le lingue, le labbra non riescono a smettere di baciarsi con passione, con piccoli morsi dal sapore tutto speciale. Su di giri. Come non succedeva da tempo a lei, come a lui.
Piano, piano scende verso il basso, tocco gentile, lei sente di essere completamente sua. Anche se volesse non riuscirebbe a fermarlo, ma il punto fondamentale è che non vuole, affatto. Il suo tocco è leggero, attento.
«Vuoi che mi fermi? Fermami se non ti va» sussurra lui con una voce suadente al punto che nessuno sarebbe in grado di resistergli … come può pensare che lei voglia fermarlo?
Il vestito si sfila, rimane il completino intimo nuovo di zecca perché non voleva usarne uno che avesse su già altri ricordi, momenti vissuti con un’altra persona. Un completino nuovo per ricordi tutti nuovi.
Le mutandine scorrono via in pochi istanti e lui con dolcezza mista a decisione fa salire ancora di più l’eccitazione fino alle stelle … turni reciproci con calma e dolcezza quasi a sembrare si tratti di coccole delicate che fanno l’effetto sperato, lui è eccitato fino all’inverosimile e lo stesso vale per lei che quasi se ne vergogna.
Un rumore sospetto, corre lui, a guardare giù dalla finestra, per vedere se tutto è a posto se non c’è qualcuno che rientra a casa nel momento più sbagliato possibile … torna e lei lo abbraccia, così d’impeto. Si stringe addosso ai suoi pettorali, forte forte e in un momento di tenerezza infinita, un istante che ferma tutto il rotare del mondo per qualche millesimo di secondo, lui le bacia la fronte. Delicato, protettivo, dolce.
Passionale, un fuoco che brucia, impetuoso e dirompente l’istante dopo.
Lui è una carica adrenalinica incredibile, impensabile. E lei sente che quell’energia, in qualche modo le entra dentro, è come se la scambiassero in un fluire reciproco insieme ai fluidi corporei. Bellissimo, momenti di una passione che tutti e due non speravano nemmeno di poter ritrovare così d’improvviso, così da uno sguardo, da un indirizzo email scambiato per caso.  
Momenti di infinito. Attimi che diventano cristalli preziosi da conservare. Occhi che si cercano e non smettono di restare gli uni dentro gli altri, come i corpi, nemmeno nell’apoteosi della passione, nel suo esplodere. E i baci, son dolci subito dopo.
Lui fa la doccia, spera che l’acqua fredda lavi via insieme al sudore anche le emozioni, non tutte, ma almeno un po’ di quell’impeto, perché fa paura, è incontrollabile.
Lei si sciacqua veloce, per rinfrescarsi, ma non riesce a ragionare. Riesce solo a sorridere. Perché era convinta che non avrebbe mai più apprezzato cosi tanto un rapporto.
Al primo tentativo. Soddisfatti all’infinito tutti e due, come se si conoscessero da secoli, come se i loro corpi sapessero già tutto, come se le loro mani e le loro bocche non avessero bisogno di indicazioni perché avevano già il manuale d’uso … come se fosse destino che prima o poi le loro vite si sarebbero incontrate.
Escono, subito, via da casa sua. Pericolosissimo.
Di nuovo in macchina, con le mani che non ne vogliono sapere di lasciarsi, che si stringono forte come se volessero dire che non hanno intenzione di lasciare andare. Non deve guardare l’orologio, si dice Alice. Perché sennò si sente male. Perché sennò sa che quel pomeriggio che sembra infinito in realtà può finire. Deve finire persino. Dovrebbe avere l’amaro in bocca all’idea di lasciarlo, ma non ce l’ha. Riesce solo a sorridere. Perché sente una gioia viscerale emanare dal profondo. Dal profondissimo. Da dentro verso fuori, che prende tutto, corpo e mente. E mentre lo guarda le sembra di vedere qualcosa di molto simile, di vederlo nei suoi occhi. Di vederlo nel suo di sorriso.
Ridono, e poi l’orologio lo si deve guardare per forza. Maledetto tempo reale che passi e rendi brevi le ore degli amanti segreti. Manca poco al treno che riparte. Un saluto, per favore. E una mezz’ora rossa di baci. Pieni di una passione che non s’è spenta, la fiamma s’era affievolita per un po’ ma ora è già tornata, se solo avessero un letto, se solo potessero … ma non possono. Il tempo scorre e lei deve tornare, il treno aspetta e parte, puntuale. Con o senza di lei.
Il cielo di un azzurro incredibile, pulito, limpido come non mai, tinto di arancio e di rosa pallido; il sole una palla di fuoco che pian piano sparisce dietro la linea dell’orizzonte. Basta qualche galleria perché guardando di nuovo fuori dal finestrino esso lasci il posto ad una luna piena bianca e candida, lavata di latte fresco immersa in un cielo ancora non nero notte, solo con accenni di blu profondo. Guarda la luna e non può smettere di sorride. Prende il cellulare e lo scrive a lui, glielo deve dire, quanto si sente felice.
Lui è in macchina, in mezzo al traffico, bloccato. Sta tornando a casa e ha quasi paura. Paura che quando vedrà il divano non potrà non pensare a lei, a quell’uragano di emozioni, di passione che ha provato un’ora prima. Ma non può fare altro. La sua donna ufficiale tornerà a casa e lui dovrà essere impeccabile. Eppure la testa, forse anche un po’ di cuore sono altrove … come fare?
Vivere. Che altro sennò? Ci sono emozioni che non si provano ogni giorno. Emozioni che spezzano la monotonia, emozioni che dirompono e sconquassano tutto. Spezzano equilibri e creano felicità pura. Cosa si può fare se non viverle?
 

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